Era l’ottobre 2012 quando Alain Lamassoure, presidente della Commisissione Bilancio del Parlamento Europeo, lanciava l’allarme sul futuro dell’Erasmus. Il programma che dal 1987 ha fatto viaggiare più di 2 milioni di studenti,
rischiava di chiudere a causa della mancanza di fondi. A stringere i
cordoni della borsa erano stati i governi nazionali, assillati dai
problemi finanziari che in quel momento gonfiavano gli spread e allargavano le distanze fra gli stati membri della UE.
A nemmeno 20 mesi da quelle vicende, la Commissione Europea ha deciso di
tornare a scommettere sulla mobilità dei giovani come strumento di
integrazione, rifinanziando il progetto con 14,7 miliardi di euro per il periodo 2014-2020, il 40% in più rispetto ai fondi stanziati per il precedente Lifelong Learning Programme (2007-2013).
Il progetto si potenzia e diventa Erasmus+,
a sottolineare la ritrovata energia e il rinnovato impegno delle
istituzioni europee nei confronti di quello che è diventato uno dei
simboli della nuova Europa senza frontiere. «Oltre 4 milioni di persone,
fra cui studenti, tirocinanti, insegnanti e volontari, beneficeranno di
sovvenzioni nei prossimi sette anni», ha dichiarato Androulla
Vassiliou, Commissaria europea responsabile per l’istruzione, la
cultura, il multilinguismo e la gioventù.
Molte le novità: per la prima volta i finanziamenti saranno concessi non solo alle Università e agli Istituti di formazione, ma anche alle cosiddette “Alleanze per la conoscenza” e “Alleanze per le abilità settoriali”, vale a dire partenariati tra Istituzioni di istruzione superiore e imprese. Nel momento in cui il tasso di disoccupazione giovanile
supera in alcuni paesi dell’Unione Europea la drammatica soglia del 50%
(quasi 6 milioni di ragazzi e ragazze in cerca di impiego) sempre più
urgente appare infatti la necessità di avvicinare formazione ed esperienze professionali, favorendo le occasioni di mobilità e incontro fra studenti e mondo del lavoro.
Fra gli altri soggetti di Erasmus+ anche alcuni Paesi extra UE:
Islanda, Liechtenstein, Norvegia e, da quest’anno, Turchia, Albania e
Repubblica di Macedonia. A testimonianza di un’Europa che non resta
chiusa nei propria confini ma che considera le nuove generazioni
ambasciatrici di rispetto e civiltà.
© UnderTrenta
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